Il Quadro Strategico ARERA per il 2019-2021. Il self audit come vettore del nuovo modello di regolazione proattiva: dalla repressione alla collaborazione.

Con la deliberazione 18 giugno 2019, n. 242/2019/A, l’Autorità per la Regolazione di Energia Reti e Ambiente (ARERA) ha approvato il Quadro Strategico 2019-2021. 

Tra gli obiettivi individuati, il n. 6 è incentrato sul rafforzamento della compliance regolatoria inteso come esigenza di incrementare la capacità di controllo sulla risposta delle imprese alla regolazione, il che è quanto dire la capacità di monitorare in continuo le attività economiche regolate per valutarne l’effettiva conformazione ai parametri normativi fissati per garantirne la coerenza con gli interessi generali.

Questo assunto è solo apparentemente banale o scontato perché, in realtà, evidenzia il target peculiare su cui la configurazione delle metodiche e dei tools di controllo integrati nei sistemi di regolazione deve essere costruita. O, comunque, evidenzia il fatto che un approccio impostato sulla replica dei sistemi di controllo-enforcement costruiti per l’effettività del diritto comune dell’economia sia del tutto fuori scala.

Come evidenziato ampiamente nel post incentrato su alcune considerazioni di teoria generale, la regolazione comporta imposizione di vincoli positivi, di day by day management dell’attività economica, quindi l’obiettivo di conformare al parametro positivo ogni atto, ogni condotta concretamente espressiva del presupposto materiale della norma.

Non essere in grado di seguire costantemente l’andamento della gestione implica il rischio che serie rilevanti di condotte dello stesso tipo si muovano al di fuori del solco normativo, radicando una pesante situazione di deviazione dalla linea espressiva dell’interesse generale. Se una siffatta situazione si riproducesse in modo molto ampio tra le imprese sottoposte alla regolazione l’effetto distorsivo sarebbe molto marcato, così come la failure nel conseguimento degli obiettivi assegnati.

Se i processi di enforcement amministrati da ARERA fossero limitati, come nei fatti sono stati, alla sola gestione di sporadici procedimenti sanzionatori ad anni di distanza dall’inizio della condotta non ritenuta coerente, ben si capisce che il rischio di una deriva siffatta sia molto elevato.

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Il documento strategico esaminato è pertanto fondamentale nel momento in cui reca un generale riconoscimento preventivo del modello dell’interposizione ausiliaria organizzativa eteronoma qualificando la procedura di self audit come una delle linee di intervento per attuare l’obiettivo strategico del rafforzamento della promozione della compliance regolatoria (cfr. OS. 6, linea di intervento b).

In tale prospettiva, il documento prevede la possibilità di avviare ulteriori sperimentazioni sulla falsariga della prima (incentrata sul solo modello sviluppato e proposto da ILM), quindi percorsi basati sull’impulso da parte di imprese e service providers che interagiscano per sviluppare e presentare progetti.

Il punto essenziale non è solo, o principalmente, quello letterale legato alla assunzione per cui l’interposizione ausiliaria entra nei tools per lo sviluppo dell’assetto strutturale della regolazione, ma quello sostanziale del taglio, dell’accezione funzionale cui tale decisione programmatica viene orientata, nel che si può trovare una chiara conferma delle linee di teoria generale che abbiamo provato a delineare nel primo post pubblicato.

L’aggancio testuale è contenuto nel terzo periodo della parte di declinazione dell’obiettivo OS6, laddove si indica che gli interventi prefigurati sono intesi a provocare la “graduale introduzione di nuovi strumenti di compliance per la valorizzazione di strumenti alternativi alle sanzioni pecuniarie (la sottolineatura è del redattore) allo scopo di promuovere sempre maggiori livelli di rispetto della regolazione”.

In questo modo ARERA prende atto della necessità di un’azione di controllo rinforzata, adeguata alla natura della sua attività e agli obiettivi di interesse generale a cui deve rispondere. O, se si vuole, assume che un’azione di controllo/enforcement incentrata sul solo modulo ordinario repressivo non può svolgere la necessaria funzione di garanzia dell’effettività del quadro regolatorio 

Come chiarito nel post richiamato, il regolatore non è una sovrastruttura ordinamentale ordinaria essendo chiamato a svolgere un’azione sostanziale, potremmo di co-imprenditorialità, che richiede la capacità di interagire con i gestori per impiantare nel day by day operation i parametri comportamentali positivi fissati attraverso l’azione di produzione normativa, adeguandoli alla realtà operativa mediante la ricerca dei necessari equilibri anche in relazione alla situazione peculiare delle singole imprese.

Fattore decisivo in tal senso è la capacità di dispiegare un’attività di controllo e monitoraggio in continuo, contestuale, generale sulla compliance di tutte le imprese all’intero set di norme in tal modo definite. Solo in questo modo il regolatore si può porre nelle condizioni di svolgere nei confronti di ciascuna impresa quell’azione di light enforcement, di moral suasion che è la leva fondamentale per porre in priorità la concreta, spontanea, media applicazione delle proposizioni per realizzare un effettivo orientamento delle attività regolate alle finalità di interesse generale.

Il self audit viene sviluppato e proposto da ILM proprio sul presupposto dell’apporto al regolatore di un set di funzioni che fungano da sensore reale, capace, efficace ad integrazione dell’insufficiente capacità di controllo garantita dal suo apparato di azione diretta idoneo al supporto della gestione delle sole funzioni repressive ordinarie. 

Queste ultime debbono colpire i casi, isolati, di maggiore e più grave portata “eversiva” del quadro regolatorio, mentre l’azione fondamentale è quella di intervento sulle possibili microviolazioni iniziali, di prima applicazione per riportare gli operatori su percorsi di aderenza alla lettera e allo spirito delle disposizioni.

Il self audit, una volta verificata la sua concreta attitudine a svolgere la propria funzione, rafforza la capacità di monitoraggio del regolatore e quindi riduce la necessità di dar luogo ad assetti compensativi basati vincoli strutturali e procedurali che non possono, comunque, costituire un’alternativa valida alla completezza ed efficacia delle funzioni di controllo. 

Nessun assetto di governance, nessun lay out delle sedi fisiche delle business unit dell’impresa verticalmente integrata può garantire certezza di comportamenti coerenti con i parametri normativi positivi imposti per la realizzazione degli interessi generali: l’unica garanzia reale, sostanziale, è costituita da un adeguato sistema di controllo-enforcement.

Nel caso concreto del modello proposto da ILM, la sperimentazione ne ha asseverato l’efficacia riconoscendo le condizioni per la disposta riduzione del set di vincoli di separazione funzionale che, per di più, impongono alle imprese verticalmente integrate un modello organizzativo che le limita e snatura rispetto alle principali leve di efficienza ed economicità che possono mettere in campo (economie di scopo e di scala).

L’importanza dell’assunzione in commento posta nel Quadro Regolatorio 2019-2021 sta proprio nel riconoscimento formale della necessità di sviluppare l’assetto organizzativo della regolazione creando le condizioni per l’incremento di dinamiche di light enforcement collaborativo, interattivo rispetto alle quali l’interposizione ausiliaria diventa strumento di primaria importanza.

Questa decisione, come avevamo ipotizzato nel momento in cui è stata pubblicata, si è confermata il preludio della successiva valutazione degli esiti della sperimentazione della procedura di self audit di ILM commentata nel post n. 1.

Documenti e approfondimenti

Guarda il documento completo del quadro strategico ARERA.