macerata feltria

Estensione della comunità energetica all’intero territorio comunale: le principali questioni dell’unica prospettiva coerente con le finalità generali

L’importante impegno di Legambiente nella conduzione di un’azione di monitoraggio dello sviluppo dei progetti di comunità energetica nel territorio nazionale, ci ha fatto notare, non senza una certa soddisfazione, che quello che a noi è sembrato un punto fermo pregiudiziale per l’impostazione di un progetto di comunità energetica, in realtà non è affatto scontato ed anzi è oggetto di diffuse riserve e letture non corrette del quadro normativo di riferimento.

 

Queste letture conducono ad escludere che sia possibile progettare e realizzare una Comunità Energetica estesa all’intero territorio e comunità comunale evocandone una taglia molto limitata ed alla fine inidonea a realizzare gli obiettivi della transizione energetica.

Strettamente collegata a questo profilo è la questione  del ruolo che può, e dovrebbe, svolgere l’ente comunale, l’amministrazione locale rispetto ad un progetto operativo.

L’improprio inquadramento delle due tematiche produce, probabilmente, i due principali ostacoli che possono depotenziare un modello che, se ben attuato, può invece diventare il vettore fondamentale della transizione energetica ed ecologica.

Oggetto e natura giuridica dell’attività della Comunità Energetica e conseguente posizione/ruolo dell’amministrazione comunale.

 

Prima di inquadrare il tema della fattibilità tecnica, è necessario chiarire cos’è una comunità energetica, o meglio qual è il significato del termine da ciò traendo indicazioni essenziali sul ruolo che l’amministrazione comunale può o dovrebbe dispiegare rispetto alla sua costituzione e gestione.

Questo passaggio preliminare è opportuno per scalzare alcuni luoghi comuni che possono orientare in modo erroneo l’approccio e l’apporto delle amministrazioni comunali che, al contrario, se ben incanalato, è una risorsa di sicura importanza per lo sviluppo di un modello centrale nelle strategie energetiche generali dei prossimi anni.

La dizione è intuitivamente descrittiva e atecnica.

Con essa si vuole indicare che organizzazione e attività sono espressione degli interessi di una comunità territoriale più o meno estesa che realizza uno scopo condiviso, quello di dar vita ad una forma di gestione dell’approvvigionamento energetico che risponda all’obiettivo di abbattere i costi, di garantire piena decarbonizzazione della produzione necessaria e di creare le condizioni per lo sviluppo di ogni servizio collegato con cui si possa contribuire al miglioramento della qualità della vita del gruppo sociale utilizzando i rilevanti finanziamenti che saranno concessi alla forma scelta (illuminazione pubblica efficiente, mobilità elettrica, acquisto della rete di distribuzione e interramento dei cavi etc.).

Dal punto di vista strettamente tecnico-energetico, si tratta della realizzazione e gestione di un impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili per soddisfare le predette esigenze, quindi della costituzione di una struttura che svolga attività di produzione e commercializzazione di energia elettrica (vendita all’ingrosso nel mercato della sovrapproduzione rispetto al fabbisogno per contribuire al finanziamento degli sconti; vendita retail ai clienti finali/partecipanti alla comunità).

Le predette attività nell’ordinamento nazionale sono libere e non riservate a strutture pubbliche (come succede, per esempio, per la distribuzione di gas naturale), ciò che comporta il fatto che le amministrazioni locali non sono titolari in esclusiva della facoltà di costituire od organizzare la comunità energetica, così come del potere di concedere tale diritto nel loro territorio ad operatori terzi.

La genesi naturale della comunità è, quindi, incardinata sull’iniziativa di strutture professionali/imprenditoriali che presentino un progetto ad una collettività potenzialmente interessata e ne ottengano il consenso-mandato incentrato primariamente sulla attivazione di rapporti di fornitura eventualmente integrati dall’apporto delle risorse necessarie (tipicamente lastrici solari per l’installazione di elementi dell’impianto di generazione diffuso con chi soddisfare le esigenze dei clienti finali). Il tutto nel regime-contesto concorrenziale in cui sono oggi inquadrate queste attività nell’ordinamento nazionale.

Da ciò si può desumere quale ruolo potrebbero o, meglio, dovrebbero svolgere le amministrazioni comunali. Naturalmente la valutazione è concentrata sul solo caso sostanziale riportabile alla nozione di comunità energetica propriamente intesa.

Non possono infatti essere considerate tali le iniziative limitate alla creazione di cellule di autoconsumo in edifici (condomini o grumi di condomini) o strutture commerciali/produttive: questi sono casi di autoconsumo nei quali, a fortiori, il comune non ha alcuna competenza o ruolo, eccezion fatta per il caso in cui decida di adottare il modello per gestire direttamente propri stabili od utenze.

La funzione del modello “Comunità energetica” è quella di aggregare collettività allargate creando le condizioni per decarbonizzare e rendere autosufficiente un intero territorio e la popolazione in esso insediata, ciò che solo ne può fare il volano per il conseguimento dei macro obiettivi di transizione energetica e tutela ecologica. Su questo piano è chiaro che la dimensione naturale, ideale è proprio quella di un territorio comunale più o meno complesso ed esteso.

Documenti e approfondimenti

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In questa prospettiva il Comune può ritrovare un ruolo effettivo e sostanziale che deve essere però correttamente inquadrato. Ci sono due opzioni alternative generali:

 

A] Assunzione della gestione – partecipazione diretta

Il Comune può, naturalmente, decidere di partecipare direttamente (magari anche nella veste di co-promotore) all’iniziativa di strutture commerciali/professionali diretta a costituire e amministrare una  comunità energetica, rectius l’entità che ne assumerà la gestione conducendo le attività in precedenza richiamate.

Si tratta di un’opzione disponibile, ma alla fine poco funzionale all’obiettivo; gestire attività di produzione e commercializzazione di energia elettrica non è compito di un Comune che non ha competenze, risorse umane e mezzi da poter destinare a questo scopo; non è nemmeno interesse del Comune che, rispetto ad una comunità energetica, si trova, in linea di principio, nella stessa condizione di un qualsiasi cliente finale potenziale, vale a dire quella di un alto consumatore di energia elettrica che può trarre un importante beneficio finanziario dall’abbattimento dei costi della fornitura eventualmente apportando proprie risorse (coperture degli immobili comunali).

Alla fine, sarebbe un’opzione che renderebbe inefficiente e costosa la gestione della comunità energetica dal momento che la partecipazione diretta di un ente comunale comporta la creazione di un soggetto che dovrà applicare procedure e vincoli, sia per l’impostazione di partnership che per l’approvvigionamento di beni e servizi, del tutto incompatibili con le esigenze di efficienza ed efficacia manageriale richieste per garantire il corretto funzionamento dell’attività (la stessa iniziale scelta di partner con cui costituire la struttura per il Comune comporta la necessità di seguire certi iter procedurali); alla fine questa linea darebbe luogo ad una soluzione contraria all’interesse fondamentale perseguito tanto dall’amministrazione e che dalla collettività che rappresenta.

 

B] Svolgimento di una funzione politica, non gestionale

Lo sviluppo di iniziative nel settore delle comunità energetiche con le caratteristiche proprie di questo strumento (impatto sull’intera comunità territoriale o su larghe fasce di essa) comporta un importante riverbero sovra-individuale, di interesse generale. Significa:

  1. decarbonizzare e rendere eco-compatibile un intero territorio con un decisivo ritorno di immagine che, per ambiti di elevato pregio ambientale-turistico, può avere oggi effetti molto rilevanti di potenziamento e qualificazione dell’offerta turistica; nello stesso tempo si contribuisce in modo oggettivo e sensibile ai macro obiettivi di tutela ambientale;
  2. garantire alle utenze energivore commerciali e industriali, e quindi al tessuto imprenditoriale-produttivo, condizioni di accesso molto favorevoli ad una risorsa essenziale e quindi la possibilità di abbattere l’impatto di un centro di costo determinante supportando lo sviluppo e la creazione di nuovi posti di lavoro;
  3. creare le condizioni per affrontare in modo efficace le eventuali sacche di povertà energetica destinando parte della produzione a queste utenze correttamente individuate;
  4. garantire entrate straordinarie e rilevanti al bilancio comunale in conseguenza del pesante abbattimento dei costi per le forniture di energia elettrica alle utenze pubbliche e quindi destinando nuove risorse al finanziamento dell’azione di interesse generale;
  5. sviluppare attraverso la comunità energetica progetti di ulteriore riqualificazione infrastrutturale del territorio beneficiando di rilevanti fonti di finanziamento pubbliche.

 

Posto quanto sopra, il ruolo del Comune rispetto alla libera iniziativa per la costituzione di una comunità energetica nel territorio di sua competenza deve essere primariamente e fondamentalmente politico e si può esprimere in direzioni che agevolino e accelerino i processi di creazione di una struttura che possa realmente garantire gli impatti sopra indicati:

  1. controllo preliminare-monitoraggio: nel caso in cui vengano presentate iniziative a cui liberamente, lo si ribadisce, cittadini e imprese possono aderire, l’ente locale potrebbe svolgere un ruolo di controllo-supervisione sostanziale valutando le proposte e i proponenti e garantendo alla cittadinanza indicazioni utili a ponderare le proposte (da questo punto di vista l’approccio migliore sarebbe quello di utilizzare in chiave preventiva la struttura esponenziale nazionale – ANCI – come facilitatore che accrediti operatori valutandone requisiti e proposte, ciò che naturalmente può essere operato anche a livello locale);
  2. patrocinio-facilitazione: una volta individuate iniziative che possano avere caratteristiche e impatti rilevanti, l’ente comunale può operare come facilitatore del percorso di presentazione dell’iniziativa alle componenti sociali di maggiore rilevanza, ciò che chiaramente assume un’importanza molto significativa in contesti territoriali complessi e articolati dove sviluppare un’azione adeguata da parte dei promotori potrebbe richiedere tempi e costi non compatibili con una fase di primo approccio nella quale non può esservi certezza dell’esito; si tratta di un’azione sostanziale che non comporta vincoli o oneri formali particolari al di là di decisioni preliminari di indirizzo politico (naturalmente il principio cardine sarà quello, ferma restando la possibilità di valutare preliminarmente la serietà delle proposte, di non avvantaggiare o privilegiare strutture che presentino analoghe caratteristiche di base adeguate);
  3. controllo sull’operatività: una volta costituita e resa operativa, la struttura di gestione della comunità deve assicurare una conduzione dell’attività in costante e continua coerenza con gli obiettivi sociali, non profit, che le sono imposti dalla normativa rilevante; in questo senso, statuti ed atti organizzativi avranno proprio nel sistema di accountability e bilancio sociale elementi determinanti nei quali verrà riconosciuto un ruolo formale, con annesse facoltà strumentali sostanziali, proprio alle amministrazioni comunali come naturali e primarie rappresentanti della collettività servita: posto che anche su questo versante il comune non può imporre alcunché agli organizzatori, il modo in cui questi sapranno allestire e configurare l’impianto normativo della governance/accountability sarà uno degli elementi su cui valutare, come indicato sub a), la serietà delle iniziative e controllarle una volta che saranno poste in operatività;
  4. indirizzo: una comunità energetica pura, come detto, diventa un macro-fattore di sviluppo e miglioramento del territorio e quindi deve posta nella condizione di orientare la propria gestione anche alla massima compatibilità-coerenza con le politiche locali; quindi, di nuovo, l’assetto di governance riconoscerà alle amministrazioni comunali canali di apporto consultivo all’impostazione delle linee di gestione della comunità energetica e dei servizi che essa deve rendere alla collettività locale.

 

Inutile evidenziare che l’approccio sub B] è quello corretto. Utilizzando questa linea di impostazione del progetto, nel comune di Macerata Feltria saremo in grado di far entrare in operatività il primo caso nazionale di comunità energetica estesa all’intero territorio comunale, all’intera utenza comunale in un tempo molto ridotto (decorrenza terzo quarto 2021 dopo sei mesi complessivi ed aggregati di preparazione – qualsiasi caso successivo sarà molto più velocemente gestibile perché il framework degli strumenti necessari è ormai collaudato ed apprestato).

Al contrario, l’ipotesi A] sposterebbe il focus dell’impegno dalla gestione efficiente del progetto alla gestione delle procedure formali con cui scandirne obbligatoriamente i singoli passaggi, ciò che ne comporterebbe, nei fatti, il fallimento.

 

Il secondo tema pregiudiziale: la fattibilità della taglia comunale complessiva.

Sono stati sollevati, nel corso della videoconferenza di primo contatto, alcuni dubbi sul fatto che sia realizzabile una Comunità energetica che, come nel caso di Macerata Feltria, persegua l’obiettivo di coprire l’intero fabbisogno energetico della comunità insediata nel territorio comunale, nelle sue componenti domestiche e commerciali/industriali.

Si deve escludere la fondatezza di una tale riserva.

Quanto al rapporto tra comunità energetica e individuazione delle configurazioni infrastrutturali che danno origine a specifici contributi e incentivi, si sottolinea quanto segue.

Comunità energetica è una nozione generale che si rifà alla definizione contenuta nelle direttive europee. L’attuale regime di recepimento anticipato in via sperimentale individua particolari configurazioni a cui corrisponde l’erogazione di uno specifico incentivo e contributo: tali condizioni sono il rispetto della taglia di potenza dell’impianto non oltre 200 kW, la connessione in bassa tensione e alle linee elettriche derivanti tutte dalla medesima cabina secondaria dei soggetti sottesi/beneficiari.

La predetta condizione influenza solo l’accesso all’incentivo, ma non la configurazione della struttura di gestione della Comunità che, in sé, può essere estesa ad una molteplicità di aggregazioni che rispondono, singolarmente, alle predette condizioni.

Quanto sopra è stato, tra l’altro, chiaramente affermato dal GSE nell’ambito della consultazione pubblicata nel mese di marzo 2021 (cfr. punto 2.3) dove ha dichiarato quanto segue:

Comunità di energia rinnovabile e relativi perimetri di riferimento ed ambiti di azione 

La partecipazione alle Comunità energetiche rinnovabili è aperta ai soggetti ubicati nel perimetro di cui al comma 4, lettera d),  dell’art. 42bis del “DL Milleproroghe” (ovvero consumatori/produttori i cui punti di prelievo o di immissione degli impianti di produzione sono ubicati su reti elettriche di bassa tensione sottese, alla data di creazione dell'associazione, alla medesima cabina di trasformazione media tensione/bassa tensione). 

Come noto, la Comunità di energia rinnovabile è un soggetto giuridico il cui l'obiettivo principale è quello di fornire benefìci ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o membri o alle aree locali in cui opera la Comunità, piuttosto che profitti finanziari. 

Tali forme associative potrebbero essersi costituite anche prima dell’entrata in vigore della sperimentazione sulle forme di autoconsumo e, pur nel rispetto dei requisiti previsti dalla normativa, operare in un’area territoriale più ampia rispetto al perimetro definito dalla cabina secondaria, per questioni di opportunità e anche di efficienza (si pensi ad esempio a forme associative afferenti ad amministrazioni locali e operanti nell’intero territorio comunale). 

In tali casi, la Comunità di energia rinnovabile potrebbe accogliere membri/azionisti che seppur dislocati in aree afferenti a più cabine secondarie vengano gestiti separatamente (per gruppi) ai fini del calcolo dell’energia elettrica condivisa, nel rispetto del succitato perimetro (cabina secondaria) e degli ulteriori requisiti che il soggetto Comunità di energia rinnovabile e i suoi membri/azionisti devono possedere ai sensi dell’attuale normativa. 

Rispetto a tale possibilità non si ravvedono criticità operative e, tuttavia, tale situazione, oltre a creare potenzialmente un legame tra le iniziative portate avanti dai vari gruppi di soggetti membri o azionisti della medesima Comunità di energia rinnovabile (le iniziative dei vari gruppi risulterebbero collegate fra loro da un punto di vista economico, patrimoniale e finanziario considerato che concorrerebbero alla definizione del bilancio di uno stesso soggetto giuridico), potrebbe portare alla nascita di Comunità di energia rinnovabile che raggruppano soggetti o iniziative legate a territori anche diversi o distanti tra loro (ad esempio appartenenti a comuni o regioni diverse).

 

Da tutto quanto premesso emerge chiaramente la possibilità, si potrebbe ben dire la necessità, che siano costituite comunità energetiche ampie che gestiscano più aggregazioni singole beneficiarie di incentivi con l’unico onere, alla fine, di configurare un sistema contabile dedicato ad ognuna di dette aggregazioni che dimostri la corretta gestione dei flussi contributivi.

Se quindi gli incentivi (quelli precedenti al riconoscimento delle Comunità energetiche e quelli specificamente introdotti per esse) sono destinati a beneficiari delimitati attraverso parametri tecnico-strutturali, la Comunità, intesa come gestore, non è soggetta ad alcun limite.

È dai due filoni convergenti che si può ricavare la massima utilità per il sistema e per i singoli partecipanti. In definitiva, la Comunità come struttura di gestione e relativo centro di costo è una (più grande è la comunità, maggiore è l'economia che può produrre sulla professionalità della struttura e sui costi del funzionamento dell'apparato commerciale/produttivo), mentre le comunità intese come insieme di soggetti che possono beneficiare dell'incentivo posso essere molteplici all’interno della dimensione territoriale in cui si decida di operare.

Avremo quindi una comunità energetica intesa come Comunità-gestore della produzione e del circuito commerciale e più comunità-collettività intese come gruppi che, appoggiati all’unica Comunità-gestore, potranno spuntare gli incentivi, oltre ai rilevanti ulteriori vantaggi sottesi alla gestione unica.

In altri termini, La Comunità-gestore sarà responsabile dell’allestimento e della conduzione delle attività produttive e commerciali, nonché dell’interazione con il sistema amministrativo per l’erogazione dei trattamenti incentivanti. Per fare questo aggregherà le diverse comunità-collettività e farà funzionare il sistema per massimizzarne i risultati locali e nazionali, portando fondamentali vantaggi integrativi legati alla taglia e alla capacità operativa e contrattuale.

Inutile, infatti, evidenziare che più la taglia della comunità energetica sarà ampia (con l’aggregazione sotto unica gestione di un numero significativo di comunità-collettività), più aumenteranno la sua capacità di razionalizzare la gestione appoggiandosi alle migliori strutture professionali e la sua capacità contrattuale nell’approvvigionamento di apparati e servizi necessari al funzionamento dell’impianto diffuso e dei progetti collegati.

Ne deriva che l’ipotesi basata sull’estensione all’intero territorio comunale non è solo operabile, ma è alla fine l’unica attraverso la quale il modello può produrre appieno i suoi impatti virtuosi per il sistema locale e fornire un contributo sostanziale al conseguimento degli obiettivi nazionali di decarbonizzazione e transizione energetica.